Katane Gunto
Introduzione
Ho iniziato la scrittura di queste note in un letto d’ospedale dove sono stato ricoverato per sottopormi a un intervento chirurgico per un tumore.
Pur essendo la psicologia il mio oggetto di lavoro, ho sempre trovato nella psicologia accademica soltanto esili risposte al tema della preparazione ad eventi cruciali. Relazione ed empatia sono strumenti da cui non prescindere, ma serve andare oltre.
Mi sono venute in mente almeno tre esperienze riccamente metaforiche: "L'apparecchio alla morte" della tradizione cristiana, la preparazione del torero e le pratiche del duello.
Mi sono concentrato sulla preparazione al duello. Conosco poco gli aspetti psicologici del duello occidentale, ma nell'ambito dei miei studi medici sulle cure palliative e la preparazione alla morte, ho approfondito negli anni alcuni testi della tradizione giapponese, che non propongono tanto una via per raggiungere la vittoria, ma seguono il percorso per un estremo affidamento al destino.
In particolare trovo interessante la lezione di Miyamoto Musashi (1584 – 1645) maestro giapponese dell'arte della spada, fondatore della scuola Hyōhō Niten Ichi-ryū.
La singolarità di Musashi era di unire una tecnica perfetta nel maneggio delle armi, a precise strategie psicologiche.
Ad esempio nel suo duello più celebre, combattuto contro Kojirō Sasaki nel 1612, sull'isola di Funa-jima adottò una serie di stratagemmi assolutamente personali. Per indisporre l'avversario tardò fino al punto che fu mandato a prenderlo da un emissario che lo trovò che ancora dormiva. Musashi si alzò e fece colazione in tutta tranquillità. Arrivò in barca, calmo e senza spada, remando. Avvicinandosi alla riva, dove l'aspettava l'avversario furente, mantenne il remo con la punta immersa nell'acqua, per nasconderne la lunghezza. Scendendo dalla barca colpi Sasaki con un solo colpo di remo, uccidendolo all'istante.
L'originalità di Musashi fu di introdurre nella pratica marziale fattori psicologici come la valutazione del temperamento dell'avversario e un'accurata preparazione mentale al combattimento, tema fino ad allora ignorato o al più oscurato dalla rozza retorica dell'eroismo.
Il Libro dei Cinque Anelli vale una lettura e non voglio svilirlo con un riassunto. È diviso in cinque parti, con riferimento agli elementi costitutivi dell’universo secondo la prospettiva Taoista: terra, acqua, fuoco, aria e vuoto. Come chiave di lettura ricordo solo che Musashi non espone mai la propria dottrina in maniera esplicita e - in modo squisitamente orientale - il non-detto travalica l’esposizione formale. Lui stesso afferma di non aver mai avuto un maestro e che occorre apprendere da soli i fondamenti della strategia, attraverso pochi fondamentali principi.
Sopravvissuto vincitore di moltissimi duelli, a cinquant'anni si ritirò per dedicarsi allo studio, alla letteratura e ad altre discipline. Fu considerato maestro in molte di esse, come la pittura, la calligrafia e l'arte della forgiatura delle guardie delle spade (tsuba).
La prima traduzione in inglese del libro riscosse un grande successo in ambito manageriale, perche i suoi principi parvero applicabili al campo della competizione economica.
Il testo offre spunti ancora più ricchi se è letto in parallelo con l'Hagakure (Nascosto fra le foglie"), altro testo sull'etica marziale dei samurai, posteriore di 70 anni (1716), scritto da Yamamoto Tsunetomo.
Meno noto ma interessante è l'ultimo scritto di Musashi è il Dokkōdō, un breve elenco di precetti composto il 12 maggio 1645, una settimana prima della sua morte.
Il Buddhismo Zen ha insegnato che la via della spada è un mezzo per descrivere e sperimentare determinate condizioni mentali, come la mente sgombra, il libero fluire dei pensieri, l'armonia assoluta e il controllo delle emozioni. I praticanti di kendo, l'arte marziale giapponese della spada, spesso hanno studiato il Buddhismo Zen o si sono avvicinati ad esso per comprendere le condizioni mentali e i benefici sperimentati dai monaci Zen nella loro pratica della via della spada. Hanno cercato di applicare tali principi e condizioni mentali alla loro pratica del kendo e ai loro obiettivi personali.
C'è una relazione reciproca tra il Buddhismo Zen e il kendo. Il Buddhismo Zen ha trovato nella via della spada un mezzo per sperimentare e descrivere determinate condizioni mentali, mentre i praticanti di kendo hanno cercato di comprendere e integrare tali principi e condizioni mentali nella loro pratica marziale.
Lo Zen e l'arte della spada hanno entrambi una lunga tradizione in Giappone, ma è stato Takuan Soho a unire in modo significativo queste due discipline, influenzando profondamente gli scritti dei maestri di spada suoi contemporanei e i praticanti nei secoli successivi.
Takuan Sōhō (giapp. 沢庵 宗彭; 1573 – 1645) è stato un monaco buddhista giapponese di grande rilievo nella scuola Rinzai dello Zen. Nato in una famiglia di agricoltori, crebbe in una zona montuosa vicino a Izushi, nell'antica provincia di Tajima, nell'attuale prefettura di Hyōgo. Entrò nell'ordine dei monaci zen all'età di dodici anni nel 1581, aderendo alla scuola Jodo. Nel 1583, a soli quattordici anni, iniziò a studiare il buddhismo Rinzai sotto la guida del suo maestro, Shun-oku Soen.
Nel 1608 divenne abate del tempio Daitokuji a Kyoto. Nel 1629, a seguito di divergenze con il bakufu, fu bandito da Kyoto per tre anni dopo essersi opposto alla decisione di quest'ultimo di revocare all'Imperatore il potere di nomina degli alti ranghi civili ed ecclesiastici. Dopo il suo ritorno dall'esilio nel 1638, divenne amico del nuovo shōgun Iemitsu Tokugawa, guadagnandosi il suo rispetto e protezione, e grazie al suo sostegno fondò il tempio Tōkaiji a Edo nel 1638.
L'opera più importante di Takuan, il Fudōchi shinmyōroku, è dedicata all'arte della spada intesa come arte marziale e cammino spirituale. Secondo una leggenda, fu maestro del celebre samurai Musashi Miyamoto, ma non ci sono prove a conferma di ciò.
L'insegnamento centrale di Takuan consiste nel liberarsi da ogni attaccamento per raggiungere l'illuminazione e uno stato di non-mente. Per coloro che riescono a farlo, spada e corpo si muovano all'unisono in modo spontaneo, esprimendo sia la tecnica che lo spirito dell'arte. A un livello più profondo, l'obiettivo della non-mente è realizzare il Vuoto, la suprema realtà dello Zen, in ogni azione compiuta.
Takuan Soho ha evidenziato l'importanza di liberarsi dagli attaccamenti mentali e di abbracciare uno stato di non-mente per raggiungere l'illuminazione. Ha insegnato che quando la mente è sgombra da preoccupazioni e pensieri superflui, il praticante può sperimentare una profonda armonia interiore e una connessione con il flusso naturale dell'universo.
Nel contesto del kendo, i praticanti hanno cercato di applicare gli insegnamenti di Takuan Soho per sviluppare una mente chiara, concentrata e controllata durante il combattimento con la spada. Hanno cercato di integrare la via della spada come un cammino per sviluppare non solo abilità tecniche, ma anche una mente calma e serena che può agire in modo intuitivo e in sintonia con l’avversario.
L'influenza di Takuan Soho si è estesa nel corso dei secoli, e i suoi insegnamenti sono ancora considerati fondamentali per coloro che praticano il kendo e cercano di comprendere la relazione tra il Buddhismo Zen e l'arte della spada. La via della spada nel contesto Zen rappresenta inoltre un percorso di disciplina, autocontrollo e sviluppo spirituale che può essere applicato sia nella pratica marziale che nella vita di tutti i giorni.
Le riletture di questa alta tradizione orientale hanno misteriosamente portato conforto in giorni difficili, unite a una prospettiva esistenziale e religiosa tipicamente occidentale.
Uscito dall’ospedale, durante la convalescenza ho continuato a ricevere grandi manifestazioni di affetto. Una, tra quelle che posso raccontare, mi ha commosso.
Ad un amico, che conosce da anni la mia passione per i testi marziali orientali, ho detto che una volta finita questa vicenda avrei voluto farmi un regalo e che avrei chiesto a lui, finissimo esperto di armi e di antiquariato, un consiglio per comprare ad un'asta una spada giapponese.
È noto come, spesso, per segnare una svolta nella vita, servano atti materiali e simbolici. C'è chi, reduce da una malattia, si tatua una data. Chi cambia casa. Chi rompe una relazione e ne crea un'altra.
Questa invece è la mia via.
Non avevo l’ambizione di possedere un esemplare di età classica, i cui prezzi alle aste sono vertiginosi e irraggiungibili, ma un esemplare di "katana gunto", armi prodotte come dotazione per gli ufficiali mobilitati con la coscrizione di massa, a partire dalla fine dell'Ottocento fino alla Seconda Guerra Mondiale. Ricordo di aver visto la prima arma di questo genere alla storica armeria Sacchi, in via Broletto, da bambino, rimasta sempre un desiderio irrealizzato.
Anche perché totalmente inutile sul piano pratico nella vita quotidiana.
Cerco di spiegare all'amico la strana connessione tra quel ricordo di infanzia e le vicende di questi giorni recenti di malattie e incertezza.
Mi interrompe dicendo che sa benissimo quello che voglio dire. E che aveva pensato di regalarmi proprio la sua spada Gunto, di cui conosco la storia avventurosa, che da anni conserva nella sua collezione.
Questa è la promessa. E il gesto mi sorprende e mi commuove per la sincronia dei pensieri.
Da quel momento mi è sorto il desiderio di chiarirmi le idee attorno alla storia di queste armi bianche militari e sono nate queste pagine.
Le spade Gunto: Appunti sulle moderne spade giapponesi della Seconda Guerra Mondiale
di Carlo Alfredo Clerici
Un libro dedicato alle armi bianche in uso alla forze armate giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Sono descritte le caratteristiche tecniche, gli aspetti di interesse collezionistico e illustrati i legami con le armi da taglio tradizionali giapponesi.
ISBN-13 979-8397794206
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