Storia
militare
FORTIFICAZIONI IN ALBANIA
Pubblichiamo qui l'articolo che abbiamo dedicato alle opere fortificate albanesi del periodo della Guerra Fredda: Clerici CA, Capelletto F, Porta G. Bunker e paranoia. Storia delle fortificazioni albanesi ai tempi della Guerra Fredda. Storia & Battaglie, luglio 2020, pag. 12-19.
Qui la versione completa del film Kolonel Bunker. 1974 in Albania . Sotto il governo di Enver Hoxha, leader da 40 anni, Muro Neto, responsabile della difesa della nazione contro un "nemico invisibile", decide che il "bunkerizzazione" è l'unico modo per resistere a un attacco a sorpresa. Nacque così il colonnello Bunker, "supremo difensore della nazione".
LE ESPERIENZE DEL GSFM (GRUPPO DI STUDIO DELLE FORTIFICAZIONI MODERNE)
Molte ricerche storiche che ho condotto sono state realizzate nell'ambito delle attività di questa associazione di cui sono stato fondatore nei primi anni Novanta e a lungo segretario, oppure in collaborazione con amici conosciuti in quella memorabile esperienza. Alcune attività dell'associazione possono essere vista alla pagina Facebook dedicata raggiungibile a questo Link
UNA MISTERIOSA COSTRUZIONE A GHEDI
Tutto inizia nel 1943. Durante l’anno apparve evidente che la situazione stia evolvendo in modo favorevole per gli anglo americani nonostante la resistenza tedesca. Quando poi il fronte si stabilizza lungo la Linea Gotica, ai lati di questa vennero eretti sistemi difensivi costieri per impedire che una manovra Alleata di sbarco possa aggirarla.
Sul finire del 1944 appare però evidente che in caso di sfondamento della Gotica gli Alleati potrebbero irrompere nella pianura Padana e giungere in breve tempo al Passo del Brennero. I piani di difesa tedeschi si muovono perciò in due direzioni.
E’ dapprima presa in considerazione la possibilità di trasformare le principali città della Pianura Padana, prima fra tutte Milano, in capisaldi difensivi, sull'esempio di quanto già avvenuto a Stalingrado.
Alternativo a questo progetto è la costruzione di ulteriori linee difensive lungo il Po, il Ticino e in Veneto fino all'Alpenstellung (Ridotto Alpino), estrema fortificazione tedesca progettata sul suolo italiano.
Nelle retrovie, nei principali aeroporti controllati dall’aviazione germanica vengono nel frattempo avviate opere di fortificazioni per la difesa dei velivoli al suolo e del personale. In particolare vengono eretti muri paraschegge con pianta a C per proteggere i velivoli dalle azioni di mitragliamento e bombardamento. In particolare nell’area degli aeroporti di Ghedi e Montichiari in provincia di Brescia i tedeschi realizzano circa 65 chilometri di piste principali ed ausiliarie, piazzole di decentramento e bunker sparsi sul territorio.
Tra le opere avviate vi è in particolare una gigantesca costruzione, iniziata alla fine del 1943. Si tratta di un’opera in calcestruzzo, mai terminata, di cui esistono ancora oggi parti dei muri laterali, lunghi oltre 20 metri e spessi circa 6. Nelle spesse murature si trova una serie di nicchie in grado di ospitare alcune persone in piedi, con una funzione sconosciuta che secondo i testimoni intervistati hanno trovato impiego da parte degli operai come rifugi durante gli allarmi aerei.
Oggi parte della costruzione si trova sotto la superficie del suolo in un’enorme buca, in gran parte allagata e adibita a riserva di pesca, all’interno di un’azienda faunistica, nei pressi della Fattoria Prandoni. Secondo alcune testimonianze raccolte gli operai della TODT lavoravano 24 ore al giorno attorno a questa costruzione che una volta completata sarebbe dovuta risultare molto più lunga e coperta da una spessa volta di protezione superiore.
Nonostante i preparativi fatti questa costruzione non è mai stata ultimata e anzi sembra che i lavori si siano interrotti nell’ottobre del 1944. Se la costruzione di Ghedi non era una base di lancio per armi V, poteva essere un’installazione collegata all’impiego di velivoli a reazione tedeschi. Se non questo, cosa altro poteva giustificare l’impiego di oltre duemila metri cubi di calcestruzzo e di centinaia di operai in un momento di grave carenza di materie prime, per la costruzione di un’opera che non ha altri esempi in Italia?
A questa costruzione è dedicato un nostro articolo: Carlo Alfredo Clerici, Francesco Capelletto. Una costruzione misteriosa. Uniformi e Armi, giugno 2000, pgg. 32 - 35.
LE FORTIFICAZIONI DEL PASSO DELLA PRESOLANA
Più di vent’anni dopo tre dei fondatori del mitico Gruppo di Studio delle Fortificazioni Moderne esplorano le opere campali tedesche al Passo della Presolana.
Dalla primavera 1944 al marzo 1945, alla Cantoniera del passo della Presolana, in valle Seriana, furono realizzate trincee, camminamenti e bunker dall’organizzazione Todt che si avvaleva del lavoro d’operai civili di quelle vallate. Nella zona della Presolana alcune testimonianze riferiscono la costruzione di circa 250 postazioni generalmente scavate nella roccia viva e rivestite all'interno con tavole di legno. Segue
Fra i principali problemi che l'Organizzazione Todt dovette affrontare fu l'approvvigionamento di materiale da costruzione, soprattutto legname, considerato il tipo di lavori. Data l'estrema penuria di carburante e la costante minaccia di incursioni aeree che rendevano difficili i trasporti, il materiale necessario fu ricavato direttamente nelle zone di costruzione della linea fortificata. Questi lavori comportarono quindi il disboscamento di numerosi ettari di bosco sia per procurarsi il legname da costruzione sia per sgomberare i settori di tiro delle opere. Data la natura campale di questi sistemi fortificati non si era certi dell’esistenza sul terreno del lavoro di tanti civili arruolati nell’Organizzazione Todt per la costruzione di queste difese.
Per verificarne la collocazione e lo stato di conservazione nel settembre 2017 è stata condotta una ricognizione sul campo tre dei fondatori del GSFM (Gruppo di Studio delle Fortificazoni Moderne) associazione che nei primi anni Novanta diede il via allo studio sistematico delle fortificazioni della seconda guerra mondiale in Italia. In una giornata di bel tempo quindi si sono recati al passo della Presolana Gianpaolo Porta, Francesco Capelletto e Carlo Alfredo Clerici armati di macchine fotografiche, tablet e curiosità. La ricerca è stata avviata incrociando le immagini delle immagini satellitari con le notizie approssimative della dislocazione delle opere dell’epoca bellica. La prima opera trovata, ancor oggi visibile è il notevole il vallo anti carro realizzato poco sotto il Donico allo scopo di impedire l’arrivo di carri armati e mezzi pesanti anglo-americani, provenienti da Bergamo.
Lo scopo delle opere, al passo della Presolana, era quello di impedire l'eventuale aggiramento degli sbarramenti realizzati nelle valli principali (Ala, in val Lagarina, e Darfo, in val Camonica); la storia ci ha insegnato che il timore si rivelerà infondato perchè gli Alleati, risalendo da Bologna, puntarono direttamente a nord. E' probabile che la manovra a tenaglia (eseguita lungo il lago di Garda e la val Sugana) avesse proprio lo scopo di evitare lo sbarramento di Ala (a cui la Todt aveva riservato particolare cura essendo citato dallo stesso Hitler nella direttiva 60).
Cercando notizia sulla rete apprendiamo che a Castione della Presolana è stato poco tempo fa inaugurato il sentiero denominato “Al Squassì-Ratù-Scanapà” che partendo da Lantana si collega al Sentiero dei Carbonai e arriva fino alla cima del monte Scanapà, in prossimità della trincea della linea difensiva tedesca.
L’esplorazione sul campo inizia a Lantana (frazione di Castione della Presolana) e nella parte iniziale ricalca il sentiero “Al Squassì-Ratù-Scanapà” recentemente ripristinato. La traccia risale nel bosco il ripido versante ovest del monte Scanapà e ben presto raggiunge una grotta in apparenza naturale; nei pressi vi è una seconda cavità, poco profonda e certamente artificiale, prende corpo l’ipotesi che entrambe fossero scavi ed offrissero un riparo ai reparti che avrebbero dovuto impedire i tentativi Alleati di risalire la montagna dalla piana di Castione.
Proseguendo per debole traccia (comunque sempre ben segnalata da bolli di vernice rossa) si arriva ad intercettare il “sentiero dei carbonai”; dopo averlo percorso in piano, per alcuni metri, si riprende a salire fino a raggiungere le alte praterie dello Scanapà; qui la pendenza si accentua e il panorama sulla conca di Castione diventa sempre più ampio.
Poco prima di arrivare alla malga Scanapà si incontrano, finalmente, alcune tracce concrete dei lavori realizzati: dapprima una semplice trincea (ad impedire l’eventuale risalita delle fanterie nemiche) e a seguire due piazzole d’artiglieria collegate, attraverso camminamenti, ad una piccola riservetta oramai crollata.
Si tratta di manufatti eseguiti certamente in economia e per questo lo stato di conservazione non è ottimale.
Dalla malga Scanapà si raggiunge poi facilmente la grande croce di vetta, da cui i difensori avevano modo di scrutare l’intero settore (verso la conca di Castione, ad ovest, ma anche verso il fossato anticarro, a nord).
Scendendo ora in direzione del “castello orsetto” è possibile notare le infrastrutture viarie realizzate allo scopo di alimentare la linea.
Un sentiero ben tracciato scende con pendenza regolare fino alla malga Lantana e da qui poi ad un passo, appena evidente, che ci appare difeso da due trincee oramai appena abbozzate (ai lati del sentiero si notano due scavi del tutto identici e dunque artificiali…); è possibile che fossero a difesa del sottostante “castello orsetto” che certamente avrebbe assunto il ruolo di quartier generale del settore.
Il passo della Presolana è ora facilmente raggiungibile attraverso una bella strada sterrata; il mantenimento della quota e la quasi assenza di pendenze, ne svelano le origini ad uso militare.
Ben presto si perviene al valico e alle sue infrastrutture turistiche; il “grande albergo Franceschetti” (che ospitava i militi della legione Tagliamento) giace oramai abbandonato e in declino.
Si risale una sterrata in direzione Scanapà ma subito la si abbandona per proseguire lungo il “sentiero dei carbonai”; le cronache raccontano che la conca (ben visibile da qui) era stata completamente disboscata allo scopo di procurarsi legna da costruzione ed ottenere, contestualmente, un perfetto campo di tiro sulla sottostante strada statale.
Superate alcune piste da sci ed inforcata una deviazione (ben segnalata dai cartelli) si rientra nel bosco; qui è ancora possibile notare l’impercettibile presenza di una grande piazzola, servita da una trincea che serpeggia e si perde tra gli alberi; la troviamo ricolma dello scarto dei boscaioli e dunque ci appare chiaro quale sia stato il destino della quasi totalità di queste opere.
Proseguendo lungo il sentiero si perviene ancora ad un punto panoramico e da qui poi si scende rapidamente alla frazione Bratto-Dorga; è ora possibile raggiungere (lungo la via Postale) il fossato anticarro, realizzato sfruttando il solco naturale del torrente Campelli; i molteplici lavori, realizzati allo scopo di regimentare il flusso delle acque, hanno sostanzialmente eliminato qualsiasi traccia che possa confermare la presenza dello stesso ma è comunque interessante osservare la scelta strategica operata: le ultime propaggini rocciose del monte Scanapà a sud e la cresta del monte Sarradone (nel gruppo della Presolana) a nord, strozzano la valle in questo punto dividendo Castione dalla soprastante conca che adduce al valico; quest’ultima sarebbe poi stata difesa da un nugolo di postazioni campali realizzate su entrambe i versanti.
Attraverso la frazione di Dorga si ritorna a Lantana e dunque al punto di origine del nostro itinerario.
FORTIFICAZIONI DELLA GUERRA FREDDA IN FRIULI
Sempre molto interessanti le predisposizioni difensive della guerra fredda al confine orientale italiano. Avevo visitato poco prima della dismissione alcune opere di montagna ancora armate da cui avevo ricavato questa pubblicazione: Clerici CA, Muran G, Poli S. Le moderne fortificazioni di frontiera italiane. Rivista Italiana Difesa, giugno 1996. Pag. 91 - 97.
Recentemente ho visitato alcune opere sul Tagliamento e sul Carso oggi adibite a musei.
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